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Il discorso del re trionfa nella notte degli Oscar

Di Valentino Salvatore

L’83ª edizione della cerimonia di premiazione degli Oscar tenutasi al Kodak Theatre di Los Angeles  il 27 febbraio 2011, ha visto trionfare meritatamente  Il discorso del re del regista Tom Hooper. La pellicola, candidata a ben dodici nomination, ha lasciato indietro altri film concorrenti che pure hanno molto fatto parlare di sé, come The Social Newtork. Oltre ad aggiudicarsi l’ambitoriconoscimento per miglior film e miglior regista, a Colin Firth che ha interpretato il ruolo di re Giorgio VI, è stato assegnato anche l’Oscar per l’attore protagonista e a David Seidler il premio per la sceneggiatura originale. Una storia toccante, quella del re “balbuziente”, che miscela sapientemente il travaglio esistenziale al fascino della retrospettiva storica, la lotta di un uomo che non riusce a comunicare. Giorgio VI è un principe di casa Windsor, destinato ad un ruolo di secondo piano, colpito dalla balbuzie che ne mina l’autostima e rende difficili i rapporti con gli altri. Nella famiglia reale non è molto considerato, anzi è ritenuto un debole dall’ottuso padre e trattato con freddezza dalla regina madre. Inevitabile il confronto con il fratello, il brillante, ma frivolo Edoardo. Proprio quest’ultimo destinato a salire sul trono, deciderà di abdicare pur di non dover rinunciare alla sua relazione con l’attrice statunitense Wallis Simpson. Un rapporto ritenuto imbarazzante per un re che è al tempo stesso capo della Chiesa anglicana, perché la diva è divorziata. Così toccherà proprio a Giorgio assumersi la responsabilità di regnare. Che però stavolta deve essere all’altezza del suo ruolo, per guidare con carisma la nazione, soprattutto in un momento storico come quello che vede l’Europa scivolare lentamente e inesorabilmente nel baratro della seconda guerra mondiale.

Così Elisabetta (interpretata da Helena Bonham Carter), moglie di Giorgio e madre dell’attuale regina Elisabetta II, interviene per aiutare l’uomo che sinceramente ama, nonostante tutto. A confermare il vecchio adagio secondo cui dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Si rivolge così ad un eccentrico logopedista, l’australiano Lionel Logue, che ha il suo studio a Londra. Interpretato da un magistrale Goeffrey Rush, Logue proviene dalla periferia dell’impero e a prima vista sembra un fenomeno da baraccone rispetto ad esperti più blasonati. Ma con la sua capacità empatica e tecniche pionieristiche (che uniscono l’indagine psicologica agli esercizi), riuscirà a prendere dal verso giusto quel re scontroso e a fargli superare la balbuzie. Così da riuscire finalmente a pronunciare, in diretta radio a tutto l’impero, il discorso più importante della sua vita. Quello che annunciò l’entrata in guerra della Gran Bretagna contro la Germania governata da Adolf Hitler, che incantava le folle con la sua diabolica e superba oratoria.

Il film, oltre alla profondità introspettiva e alla capacità di coinvolgimento, ha il pregio di accendere i riflettori su un fenomeno, quello della balbuzie, tanto diffuso, a soffrirne è circa il 4% della popolazione mondiale. Chi ne è colpito spesso vive un profondo senso di inadeguatezza che conduce all’isolamento e all’auto-eslusione. Il discorso del re è stato premiato proprio a ridosso della Giornata europea della logopedia prevista per il prossimo 6 marzo. Sebbene lo stesso Colin Firth abbia commentato che “non siamo predicatori, né filosofi e non ritengo che dare messaggi sia lo scopo di un film”, ha però ammesso di capire “che chiunque abbia problemi di balbuzie, difficoltà a parlare in pubblico possa identificarsi col personaggio che interpreto e trovare ispirazione”. Ad esempio il presidente della Federazione logopedisti italiani, Tiziana Rossetto, si dice emozionata per “la professionalità” di Logue, “la sua capacità empatica nel gestire una relazione complessa con un paziente di cui riesce a provare le stesse difficoltà”. D’altronde quello che si crea “tra terapista e persona balbuziente è un rapporto profondo, in cui è necessario operare prima di tutto sull’autostima e sulla fiducia”. Per la psicologa Chiara Comastri, esperta in riabilitazione del linguaggio, il film è “pieno di speranza e verità e finalmente parla di balbuzie col giusto approccio, lontano da macchiette e pietismi”. Roberta Williams, docente di Scienze della Comunicazione e del Linguaggio presso la University of London, sostiene che la pellicola di Hooper “ha fatto in modo che la gente di tutto il mondo abbia iniziato a vedere la balbuzie sotto una luce diversa”. La figura di re Giorgio VI fa scattare “qualcosa di buono in tutti noi” perché incoraggia “la tolleranza e una ostinata perseveranza nei momenti difficili”. Infatti la sua storia vista, in chiave quasi epica, può rappresentare un esempio positivo per tutti coloro che sono afflitti dalla balbuzie. E in generale per tutti gli insicuri che aspettano, novelli re Giorgio, che giunga anche il loro momento di riscatto.

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