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Intervista a Claudio Perri: lo scultore trasformista

di Stefania Taruffi

Claudio Perri

Entrare nello studio di Claudio Perri significa intraprendere un lungo viaggio nella scultura, attraversando con lui le varie fasi del suo ampio lavoro, strettamente legato al vissuto e all’evoluzione del suo sentire personale e artistico. E’ sempre stato un artista molto originale, al di fuori degli schemi, molto proiettato verso il cambiamento, la sperimentazione, la ‘tensione dell’arte’, come lui ama definirla. “Io non amo la freccia scoccata, ma la tensione dell’arco”. E questa tensione si avverte. E’ un filo sottile che solleva temi, denuncia mali, sperimenta materiali, dialoga continuamente con il passato, immerso nel presente e proiettato nel futuro, senza gabbie, senza preconcetti o limiti precostituiti. E’ uno spirito libero Perri, e ci tiene a sottolinearlo. Il suo percorso artistico è molto improntato alla ricerca e alla trasformazione. Ricerca di materiali alternativi, naturali, innovativi, in linea con l’ambiente che lo portano negli anni ’60 a realizzare la Maceromorfosi, dove la materia prima è ricavata mettendo a macerare, e pressando poi, la volgare carta dei giornali. La scelta della carta come materia da scolpire, è in linea con le tendenze artistiche di quel periodo, con la Pop Art ad esempio, che costituiranno poi l’inizio della diffusione di temi importanti come il riciclo, il rispetto per l’ambiente, la denuncia contro l’uomo, per il suo atteggiamento aggressivo nei confronti della natura. In quegli anni il Sole Nero, rappresenta al massimo questa denuncia d’ingerenza dell’uomo sulla natura. Dal macero dei giornali emergono parole, concetti, pensieri:” La cronaca, il racconto quotidiano, lo scritto denso di parole e lettere che affiorano qua e là sulla nuova superficie– dice Perri- è ridotto al silenzio per trovare vita in nuovi spazi

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Maceromorfosi

Come ha ben scritto la storica dell’arte Roberta Semeraro riguardo alle Maceromorfosi :”Non è una novità che l’arte necessiti di silenzio più che loquacità; le centinaia, migliaia di parole che si consumano quotidianamente su tutti i giornali, possono solo allontanare l’uomo dalla sua verità e distogliere la sua attenzione da un’autentica presa di coscienza. La saggezza, come insegna la filosofia orientale, è nel silenzio e nelle azioni degli uomini, non certo nelle parole! Mettendo a sedimentare il pensiero umano, Claudio Perri pone inconsapevolmente lo spettatore di fronte al Vuoto o l’Assoluto. Ed è in questa nuova dimensione metafisica che comincia la sua ricerca artistica. L’instancabile lavoro dell’arte, può aprire visioni su mondi diversi, dove regnano l’etica, le filosofie, le religioni tutte”.

E questa tendenza alla trasformazione della materia sarà il filo conduttore di tutta la sua produzione artistica più importante, dalle Maceromorfosi fino ai Liberintro, la sua ultima fase artistica, quella nata per caso nel 2002 in California, negli Stati Uniti, dove era per motivi familiari. In quell’anno inizia per caso a scolpire i libri: non più carta da macerare per trasformarla in pietra, ma la carta direttamente. E non una carta qualunque, ma pregiati volumi e edizioni selezionate dall’artista stesso.

Mentre nelle Maceromorfosi l’artista mette a tacere le parole e i contenuti dei giornali, nei Liberintro Perri ‘dialoga’ con il libro, nel rispetto dei suoi contenuti, anzi facendo emergere ‘l’anima’ del libro stesso, dandogli appunto una forma ogni volta diversa, attraverso tagli, buchi, incisioni, rilievi.

LIberintro- Picasso

Il passaggio successivo è stato l’utilizzo, come materia prima, di libri d’Arte, di preziose Biografie di artisti famosi, tema costante nelle esposizioni degli ultimi anni. Il risultato è sempre affascinante e unico. Un interminabile dialogo tra passato e presente. Il libro, destinato a divenire un reperto archeologico, con l’esplosione del web e del digitale, è così restituito a nuova vita.

 Riguardo alla scelta dei libri da ‘lavorare’ l’artista ci spiega come sono selezionati: ” Salvo quando la scelta è mirata, come per i cataloghi degli artisti, il mio approccio con il libro è molto vario; segue un progetto o cerca l’ispirazione. In ogni caso il primo esame è dedicato alla brochure, che deve essere solida per sostenere l’opera, sia per quanto riguarda lo spessore sia il numero delle pagine da intagliare. Se il mio intento è scolpire forme volumetriche rigorose, evito i colori e le immagini; le parole scritte sono solo “venature”. Quando il libro ha colori, immagini e foto, nello sfogliarlo afferro il filo dell’ispirazione che mi porterà a penetrarlo”.

 

Si tratta di una tecnica molto difficile, nella quale non si può sbagliare. Che cosa muove le sue mani tra le pagine di quei libri?

Scolpire un libro è come per il marmo una tecnica “a levare”; guai a sbagliare, il tolto è irrimediabilmente perduto. La difficoltà sta nel fatto che il libro va intagliato aperto; solo quando si richiude, si ricompongono le forme da me volute, secondo un progetto di misure e spessori rigorosamente sviluppato.

    

 A quale esperienze artistiche si sente più legato?

 

Non ho preferenze. “Maceromorfosi”, marmo, travertino, disegno, incisione, legno e “Liberintro” hanno egemonizzato alternativamente la mia tensione creativa, sempre alla ricerca di nuove espressioni. Una fede laica esistenziale mi fa credere che l’uomo possa operare per dare senso e dignità alla propria giornata terrena, per lasciare una testimonianza, piccola o grande che sia, utile e di stimolo a chi ci accompagna e a chi ci ricorderà. Sforzo eroico e illusorio. Di tutto ciò è la tensione nell’operare che m’interessa e voglio trasferirla nelle mie forme. Nel marmo di Carrara ho scolpito due piani che tendono a svincolarsi l’un l’altro per annullarsi nel Vuoto o nell’Assoluto: una sintesi della mia ricerca. Nel legno e in alcune maceromorfosi, con la modulazione della tensione, ho cercato di trasmettere il continuo, ripetitivo e strenuo impegno necessario a elevarsi. Talvolta, sempre nelle maceromorfosi, la tensione si placa in superfici silenziose e meditative che ci rimandano alla spiritualità delle arcate gotiche.

Visto che è un tema di grande attualità in questi giorni, lei ha realizzato un bassorilievo che raffigura il volto Papa Giovanni Paolo II e lo donò al Pontefice. Ci racconta la storia di quel bassorilievo? Che fine ha fatto l’opera?

Bassorilievo- Ritratto di Giovanni Paolo II

La sera in cui, dopo il solenne annuncio della Sua elezione al Soglio Pontificio, il Card. Woitiwa apparve al balcone di S. Pietro, io ero in piazza. Mi colpì molto. Acquistai l’edizione straordinaria dell’Osservatore Romano con la sua foto in prima pagina. Quella stessa sera iniziai a modellare il volto del Pontefice, che terminai il giorno dell’incoronazione davanti allo schermo TV. Il bassorilievo, inserito in una mia precedente opera astratta, fu visto da Sua Eccellenza Mons. Tadeusz Rakoczy , allora in servizio presso la Segreteria di Stato e ora Arcivescovo in Polonia, che ne rimase entusiasta, tanto da propormi di donarlo a Sua Santità. Con il ritratto nel bagagliaio della macchina ero sempre pronto all’eventuale convocazione che mi fu annunciata per telefono dallo stesso Monsignore: “Il Santo Padre la attende oggi alle ore tredici”. Era il 14 dicembre del 1978, pochi mesi dopo l’incoronazionee fu per me una grande emozione!. Fui introdotto in un grande salone, dove collocai il ritratto su un grande camino; mentre ne controllavo l’effetto, il Santo Padre entrò, avanzò e superandomi, si avvicinò all’’opera. Dopo qualche istante di silenzio, disse: “Il più bel ritratto che mi sia stato fatto sinora”. A questo punto Mons. John Magee, segretario di Papa Paolo VI, che era al seguito del Pontefice insieme a Mons. Stanislaw Dziwisz, Mons. Tadeussz Rakozy e Mons. Giovanni Marra, intervenne dicendo: “è singolare come l’artista l’abbia colto in un atteggiamento rivolto all’assemblea con un’espressione seria nel volto e un sorriso sulle labbra!”. Il Santo Padre si girò verso di me e disse: “Duro con dolcezza”.  Alta sintesi di un autoritratto rivelante la grande tempra di combattente e la sua grande umanità. Il ritratto , secondo varie testimonianze, è rimasto negli appartamenti pontifici per tutto l’arco del pontificato. Mi è sconosciuta l’odierna collocazione.

 

 

Il 7 Maggio il Maestro Perri inaugurerà una mostra “Liberintro d’arte” presso la Galleria della Biblioteca Angelica di Roma (Via S. Agostino, 11) che si protrarrà fino al 17 maggio. Un parallelo originale quello dell’ubicazione della mostra: la più antica biblioteca di Roma, custode di libri immortali tramandatici nei secoli, al fianco dei Liberintro, che pur mantenendo l’anima dei diversi contenuti, sono stati ridotti al silenzio e trasformati anch’essi in opere d’arte immortali. Il parallelo è azzardato, ma fortemente voluto dalla Direttrice della Biblioteca, Fiammetta Terlizzi, proprio a sottolineare una certa continuità tra passato e futuro, ma anche un’apertura verso il nuovo, una rinascita e quindi una valorizzazione del libro stesso.

 

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